L’olio d’oliva non è tutto uguale ed è non solo utile, ma necessario, conoscerne classificazione e differenze. L’olio di oliva è una risorsa indispensabile per la nostra alimentazione. Quasi tutto quello in commercio proviene dal grande bacino dei Paesi del Mar Mediterraneo. Spagna, Italia, Grecia, Tunisia sono tra i maggiori produttori, come vi abbiamo già raccontato nell’articolo “Olio di oliva italiano: una eccellenza da difendere e da valorizzare“.
Ma quante tipologie di olio di oliva esistono in commercio? E come si fa a scegliere l’olio d’oliva più adatto alle nostre esigenze? Per una alimentazione sana e sicura, è sempre necessario acquistare un olio con il marchio a denominazione di origine protetta (Dop) o a indicazione di origine protetta (Igp)?
Per rispondere a queste domande dobbiamo prima approfondire la classificazione dell’olio d’oliva, secondo la legislazione vigente in Italia e in Europa. Per comprendere classificazione e differenze dell’olio di oliva, si deve sapere che non è tutto prodotto nello stesso modo. Tre sono infatti i metodi di produzione dell’olio di oliva, che in base a questi metodi, viene classificato in olio di oliva ottenuto da spremitura meccanica, olio di oliva raffinato e olio da sansa di olive.
Di tutti gli oli di oliva prodotti, solo 4 sono presenti in commercio: l’olio extravergine di oliva, l’olio vergine di oliva, l’olio di oliva e l’olio di sansa di olive.
OLI DI OLIVA OTTENUTI DA SPREMITURA MECCANICA
Agli oli di oliva ottenuti da spremitura meccanica appartengono tre tipologie di olio: l’extravergine, il vergine e l’olio di oliva vergine lampante. Per spremitura meccanica si intende un metodo di estrazione naturale dell’olio dalle olive che non prevede l’uso di sostanze chimiche per estrarre l’olio. L’olio di oliva si intende “estratto a freddo” quando la temperatura, durante il processo di estrazione e lavorazione, non supera i 27 gradi centigradi. Il controllo della temperatura è fondamentale per evitare che l’olio perda alcune caratteristiche organolettiche sinonimo di qualità, come il fruttato e il vegetale.
Olio extravergine di oliva
Chiamato anche olio “Evo”, l’olio extravergine di oliva è l’olio migliore che si possa acquistare, sia da un punto di vista organolettico, sia salutistico. E’ anche il prodotto più caro. L’olio extravergine di oliva si ottiene dalla spremitura delle olive fresche, mediante procedimenti meccanici o fisici (pressione o centrifuga). Ha una acidità libera uguale o inferiore allo 0,8%: significa che su cento grammi di olio contiene 0,8 grammi di acido oleico. L’acidità viene misurata con strumenti chimici di laboratorio. Minore è l’acidità e più è alta la qualità del prodotto. Per classificare un olio d’oliva come extravergine, bisogna sottoporlo a esami organolettici (panel test).
Per poter superare l’esame organolettico, l’olio di oliva deve avere precise caratteristiche olfattive: fruttato (leggero, medio, intenso), deve avere un gusto amaro e piccante. E non deve avere difetti (la mediana dei difetti deve essere pari a zero). I principali difetti dell’olio di oliva sono il rancido, il riscaldo, l’avvinato, la morchia, la muffa. Dipendono da diversi fattori, che sono legati principalmente alla qualità delle olive, alle modalità e ai tempi della raccolta. Ma anche alla lavorazione nel frantoio e alla conservazione.
L’olio extravergine Dop o Igp
L’olio extravergine di oliva può avere diversi marchi di qualità: Dop, Igp o Biologico, che sono sinonimo di un olio di qualità superiore. In genere, un olio con il marchio a denominazione di origine ha una acidità compresa tra lo 0,2% e lo 0,3%. La legge non obbliga i produttori a indicare il livello di acidità in etichetta. Chi sceglie di indicarla, può indicare solo l’acidità massima prevista alla data del termine minimo di conservazione. L’indicazione dell’acidità deve essere accompagnata da altre indicazioni. Indice di perossidi (deve essere più basso possibile; il limite massimo per l’extra vergine è di 20 milliequivalenti di ossigeno attivo per chilo), tenore in cere e assorbimento della luce ultravioletta (parametro “delta k”).
Olio d’oliva vergine
E’ un olio commercializzato ed è ottenuto dalla spremitura delle olive con procedimenti meccanici o fisici. La sua acidità libera (grammi di acido oleico per cento grammi di olio) non deve superare il 2%. Presenta lievi difetti all’esame organolettico (panel test). La mediana dei difetti deve essere superiore a zero oppure pari a 3,5. La mediana del fruttato è pari a zero. L’olio di oliva vergine è una delle tipologie di olio che possono essere vendute, ma di fatto è quasi assente dagli scaffali dei supermercati. Un peccato, perché sarebbe un olio molto adatto ad essere usato in cottura.
Olio di oliva vergine lampante
Ottenuto dalla spremitura delle olive, ha un’acidità libera superiore al 2%. Non ha caratteristiche idonee al consumo ma è destinato alla raffinazione. Possiede difetti evidenti, sapore e odore sgradevoli. Per questo motivo, deve essere trattato chimicamente, a livello industriale, per eliminare i difetti organolettici. E’ ottenuto da olive di qualità molto bassa o scadente.
OLI DI OLIVA RAFFINATI
Nella classificazione merceologica dell’olio di oliva ci sono poi gli oli di oliva raffinati. Questi oli sono estratti nel corso di un processo industriale in cui si utilizzano sostanze chimiche e solventi. Successivamente, vengono trattati chimicamente. Per questo si parla di oli “raffinati” o “rettificati”, cioè trattati in modo da correggere o limitare i difetti: acidità eccessiva, difetto di rancido, colore e odori sgradevoli. Questi oli possono essere ammessi al consumo alimentare umano solo dopo avere subito un procedimento chimico di raffinazione che comprende decolorazione, deodorazione e deacidificazione.
Olio di oliva raffinato
Deriva dalla lavorazione industriale degli oli di oliva vergini lampanti, che vengono sottoposti a processi di deodorazione, deacidificazione, decolorazione. E’ un olio incolore, inodore e insapore. La sua acidità libera può essere uguale o inferiore allo 0,3%. Non è commercializzabile. Dall’olio di oliva raffinato, miscelato con l’olio di oliva vergine, si ottiene l’olio di oliva che trovate in commercio.
Olio di oliva
L’olio di oliva non va confuso con l’olio extravergine di oliva. Esso deriva dall’unione tra olio di oliva raffinato e olio di oliva vergine (non lampante). Si può commercializzare. In altre parole, è un mix tra un olio vergine e un olio che ha subito un processo chimico di correzione dei difetti (chimici e organolettici). L’acidità è uguale o inferiore a 1%. Solitamente, l’olio vergine viene aggiunto all’olio di oliva raffinato fino a che non si ottengono nuovamente i colori, gli odori e i sapori desiderati.
La legge non prescrive l’indicazione della percentuale minima di olio vergine (o anche di olio extra vergine) che viene aggiunto all’olio raffinato. Solitamente, questa percentuale è compresa tra il 5% e l’ 8% (ciò significa che il resto è olio raffinato). Ma i migliori oli di oliva arrivano anche al 30%. In etichetta compare l’indicazione “miscela di oli di oliva raffinati e di oli di oliva vergini”. L’olio di oliva viene usato dalle aziende a livello industriale per la conservazione degli alimenti sottolio: verdure, tonno, etc. L’olio di oliva è adatto a essere usato come olio per fritture. Questo perché contiene un’alta percentuale di grassi monoinsaturi, che sono più stabili ad alte temperature.
OLIO DI SANSA DI OLIVE
Ancora, la classificazione dell’olio di oliva comprende la sansa. Un composto ottenuto dal residuo secco della spremitura delle olive in frantoio. La sansa è composta da bucce, polpa e noccioli pressati. E’ un prodotto secondario nella lavorazione delle olive, che contiene una percentuale di olio compresa tra il 3% e il 6%. Questo residuo di olio viene estratto mescolando la sansa essiccata con un solvente (esano), che scioglie l’olio contenuto all’interno dei residui di spremitura. ll solvente viene separato per distillazione e l’olio viene sottoposto a processi di raffinazione per correggerne i difetti.
La legge europea consente di commercializzare l’olio di sansa solo dopo opportuni processi di lavorazione. Quindi, l’olio di sansa attraversa tre fasi di lavorazione, per arrivare all’ultima fase, che lo rende adatto al consumo. L’olio di sansa trova applicazione anche nell’industria della cosmesi e la sansa esausta può essere usata come combustibile (pellet) o come fertilizzante in agricoltura.
Olio di sansa di oliva greggio
Ottenuto dalla sansa di oliva mediante processi chimici che estraggono l’olio, grazie a solventi, distillazioni e lavaggi. Non è un olio commercializzabile né commestibile, ma deve essere raffinato.
Olio di sansa di oliva raffinato
Si ottiene dall’olio di sansa greggio che viene sottoposto a processo di raffinazione. L’acidità è uguale o inferiore allo 0,3%. Non è commercializzabile e non è commestibile.
Olio di sansa di oliva
Deriva dall’unione tra olio di sansa di oliva raffinato e l’olio di oliva vergine. Può essere commercializzato. L’acidità è uguale o inferiore all’1%. Possiede un elevato punto di fumo, che gli consente di resistere alle alte temperature. L’olio di sansa di oliva è, quindi, adatto alla frittura degli alimenti. La sua acidità gli consente di sopportare meglio di altri oli (come l’extravergine) le fritture prolungate.