L’olio d’oliva non è tutto uguale ed è non solo utile, ma necessario, conoscerne classificazione e differenze. L’olio di oliva è una risorsa indispensabile per la nostra alimentazione. Quasi tutto quello in commercio proviene dal grande bacino dei Paesi del Mar Mediterraneo. Spagna, Italia, Grecia, Tunisia sono tra i maggiori produttori, come vi abbiamo già raccontato nell’articolo “Olio di oliva italiano: una eccellenza da difendere e da valorizzare“.

Ma quante tipologie di olio di oliva esistono in commercio? E come si fa a scegliere l’olio d’oliva più adatto alle nostre esigenze? Per una alimentazione sana e sicura, è sempre necessario acquistare un olio con il marchio a denominazione di origine protetta (Dop) o a indicazione di origine protetta (Igp)?

Per rispondere a queste domande dobbiamo prima approfondire la classificazione dell’olio d’oliva, secondo la legislazione vigente in Italia e in Europa. Per comprendere classificazione e differenze dell’olio di oliva, si deve sapere che non è tutto prodotto nello stesso modo. Tre sono infatti i metodi di produzione dell’olio di oliva, che in base a questi metodi, viene classificato in olio di oliva ottenuto da spremitura meccanica, olio di oliva raffinato e olio da sansa di olive.

Di tutti gli oli di oliva prodotti, solo 4 sono presenti in commercio: l’olio extravergine di oliva, l’olio vergine di oliva, l’olio di oliva e l’olio di sansa di olive.

OLI DI OLIVA OTTENUTI DA SPREMITURA MECCANICA

Agli oli di oliva ottenuti da spremitura meccanica appartengono tre tipologie di olio: l’extravergine, il vergine e l’olio di oliva vergine lampante. Per spremitura meccanica si intende un metodo di estrazione naturale dell’olio dalle olive che non prevede l’uso di sostanze chimiche per estrarre l’olio. L’olio di oliva si intende “estratto a freddo” quando la temperatura, durante il processo di estrazione e lavorazione, non supera i 27 gradi centigradi. Il controllo della temperatura è fondamentale per evitare che l’olio perda alcune caratteristiche organolettiche sinonimo di qualità, come il fruttato e il vegetale.

Olio extravergine di oliva

Chiamato anche olio “Evo”, l’olio extravergine di oliva è l’olio migliore che si possa acquistare, sia da un punto di vista organolettico, sia salutistico. E’ anche il prodotto più caro. L’olio extravergine di oliva si ottiene dalla spremitura delle olive fresche, mediante procedimenti meccanici o fisici (pressione o centrifuga). Ha una acidità libera uguale o inferiore allo 0,8%: significa che su cento grammi di olio contiene 0,8 grammi di acido oleico. L’acidità viene misurata con strumenti chimici di laboratorio. Minore è l’acidità e più è alta la qualità del prodotto. Per classificare un olio d’oliva come extravergine, bisogna sottoporlo a esami organolettici (panel test).

Per poter superare l’esame organolettico, l’olio di oliva deve avere precise caratteristiche olfattive: fruttato (leggero, medio, intenso), deve avere un gusto amaro e piccante. E non deve avere difetti (la mediana dei difetti deve essere pari a zero). I principali difetti dell’olio di oliva sono il rancido, il riscaldo, l’avvinato, la morchia, la muffa. Dipendono da diversi fattori, che sono legati principalmente alla qualità delle olive, alle modalità e ai tempi della raccolta. Ma anche alla lavorazione nel frantoio e alla conservazione.

Olio extravergine Igp

L’olio extravergine Dop o Igp

L’olio extravergine di oliva può avere diversi marchi di qualità: Dop, Igp o Biologico, che sono sinonimo di un olio di qualità superiore. In genere, un olio con il marchio a denominazione di origine ha una acidità compresa tra lo 0,2% e lo 0,3%. La legge non obbliga i produttori a indicare il livello di acidità in etichetta. Chi sceglie di indicarla, può indicare solo l’acidità massima prevista alla data del termine minimo di conservazione. L’indicazione dell’acidità deve essere accompagnata da altre indicazioni. Indice di perossidi (deve essere più basso possibile; il limite massimo per l’extra vergine è di 20 milliequivalenti di ossigeno attivo per chilo), tenore in cere e assorbimento della luce ultravioletta (parametro “delta k”).

Olio d’oliva vergine

E’ un olio commercializzato ed è ottenuto dalla spremitura delle olive con procedimenti meccanici o fisici. La sua acidità libera (grammi di acido oleico per cento grammi di olio) non deve superare il 2%. Presenta lievi difetti all’esame organolettico (panel test). La mediana dei difetti deve essere superiore a zero oppure pari a 3,5. La mediana del fruttato è pari a zero. L’olio di oliva vergine è una delle tipologie di olio che possono essere vendute, ma di fatto è quasi assente dagli scaffali dei supermercati. Un peccato, perché sarebbe un olio molto adatto ad essere usato in cottura.

Olio di oliva vergine lampante

Ottenuto dalla spremitura delle olive, ha un’acidità libera superiore al 2%. Non ha caratteristiche idonee al consumo ma è destinato alla raffinazione. Possiede difetti evidenti, sapore e odore sgradevoli. Per questo motivo, deve essere trattato chimicamente, a livello industriale, per eliminare i difetti organolettici. E’ ottenuto da olive di qualità molto bassa o scadente.

Olive appena raccolte, pronte per la frangitura

Olive nere italiane

OLI DI OLIVA RAFFINATI

Nella classificazione merceologica dell’olio di oliva ci sono poi gli oli di oliva raffinati. Questi oli sono estratti nel corso di un processo industriale in cui si utilizzano sostanze chimiche e solventi. Successivamente, vengono trattati chimicamente. Per questo si parla di oli “raffinati” o “rettificati”, cioè trattati in modo da correggere o limitare i difetti: acidità eccessiva, difetto di rancido, colore e odori sgradevoli. Questi oli possono essere ammessi al consumo alimentare umano solo dopo avere subito un procedimento chimico di raffinazione che comprende decolorazione, deodorazione e deacidificazione.

Olio di oliva raffinato

Deriva dalla lavorazione industriale degli oli di oliva vergini lampanti, che vengono sottoposti a processi di deodorazione, deacidificazione, decolorazione. E’ un olio incolore, inodore e insapore. La sua acidità libera può essere uguale o inferiore allo 0,3%. Non è commercializzabile. Dall’olio di oliva raffinato, miscelato con l’olio di oliva vergine, si ottiene l’olio di oliva che trovate in commercio.

Olio di oliva San Giorgio

Olio di oliva San Giorgio

Olio di oliva

L’olio di oliva non va confuso con l’olio extravergine di oliva. Esso deriva dall’unione tra olio di oliva raffinato e olio di oliva vergine (non lampante). Si può commercializzare. In altre parole, è un mix tra un olio vergine e un olio che ha subito un processo chimico di correzione dei difetti (chimici e organolettici). L’acidità è uguale o inferiore a 1%. Solitamente, l’olio vergine viene aggiunto all’olio di oliva raffinato fino a che non si ottengono nuovamente i colori, gli odori e i sapori desiderati.

La legge non prescrive l’indicazione della percentuale minima di olio vergine (o anche di olio extra vergine) che viene aggiunto all’olio raffinato. Solitamente, questa percentuale è compresa tra il 5% e l’ 8% (ciò significa che il resto è olio raffinato). Ma i migliori oli di oliva arrivano anche al 30%. In etichetta compare l’indicazione “miscela di oli di oliva raffinati e di oli di oliva vergini”. L’olio di oliva viene usato dalle aziende a livello industriale per la conservazione degli alimenti sottolio: verdure, tonno, etc. L’olio di oliva è adatto a essere usato come olio per fritture. Questo perché contiene un’alta percentuale di grassi monoinsaturi, che sono più stabili ad alte temperature.

OLIO DI SANSA DI OLIVE

Ancora, la classificazione dell’olio di oliva comprende la sansa. Un composto ottenuto dal residuo secco della spremitura delle olive in frantoio. La sansa è composta da bucce, polpa e noccioli pressati. E’ un prodotto secondario nella lavorazione delle olive, che contiene una percentuale di olio compresa tra il 3% e il 6%. Questo residuo di olio viene estratto mescolando la sansa essiccata con un solvente (esano), che scioglie l’olio contenuto all’interno dei residui di spremitura. ll solvente viene separato per distillazione e l’olio viene sottoposto a processi di raffinazione per correggerne i difetti.

La legge europea consente di commercializzare l’olio di sansa solo dopo opportuni processi di lavorazione. Quindi, l’olio di sansa attraversa tre fasi di lavorazione, per arrivare all’ultima fase, che lo rende adatto al consumo. L’olio di sansa trova applicazione anche nell’industria della cosmesi e la sansa esausta può essere usata come combustibile (pellet) o come fertilizzante in agricoltura.

Olio di sansa di oliva greggio

Ottenuto dalla sansa di oliva mediante processi chimici che estraggono l’olio, grazie a solventi, distillazioni e lavaggi. Non è un olio commercializzabile né commestibile, ma deve essere raffinato.

Olio di sansa di oliva raffinato

Si ottiene dall’olio di sansa greggio che viene sottoposto a processo di raffinazione. L’acidità è uguale o inferiore allo 0,3%. Non è commercializzabile e non è commestibile.

Olio di sansa di oliva

Deriva dall’unione tra olio di sansa di oliva raffinato e l’olio di oliva vergine. Può essere commercializzato. L’acidità è uguale o inferiore all’1%. Possiede un elevato punto di fumo, che gli consente di resistere alle alte temperature. L’olio di sansa di oliva è, quindi, adatto alla frittura degli alimenti. La sua acidità gli consente di sopportare meglio di altri oli (come l’extravergine) le fritture prolungate.

Fonte : https://www.sicilianicreativiincucina.it/olio-di-oliva-classificazione-e-differenze-ecco-perche-non-e-tutto-uguale

Chi, da piccolo (e non solo), non ha mai gustato una fetta di pane e olio? L’accoppiata è perfetta per uno spuntino dal sapore d’altri tempi, ben diversa da quello che oggi i più bambini sono abituati a mangiare a merenda.

Quando poi l’olio è genuino, magari anche prodotto localmente, e il pane lo è altrettanto, allora perché non abbandonare patatine, dolciumi e cibi ricchi di conservanti in favore di una pausa più sana ma ugualmente gustosa?

Se lo sono sicuramente chiesto a Stella Cilento, piccolo comune campano di circa 700 abitanti nella Provincia di Salerno, immerso nelle meraviglie del Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano. Una zona che, nel corso degli anni, ha fatto della riscoperta del cibo sano, “slow” e della Dieta Mediterranea veri e propri marchi di riconoscimento, promuovendo iniziative e prodotti di prima qualità in nome di alimentazione e stili di vita sani.

Così, nelle scuole del piccolo paese campano, le mamme degli alunni hanno deciso di dire addio alle merendine preconfezionate, e di offrire ai bambini il famigerato pane e olio. Prodotti, per giunta, a chilometro zero, visto che per questa iniziativa l’amministrazione comunale ha deciso di coinvolgere aziende agricole e frantoi locali.

Il prezioso nettare extravergine, infatti, è stato originato da olive raccolte direttamente dai bambini, che hanno potuto toccare con mano ciò che in un secondo momento hanno gustato. Il pane, inoltre, è prodotto con grani cilentani, nel pieno rispetto delle tradizioni locali.

Il successo dell’iniziativa è stato enorme, sia tra i bambini che tra gli insegnanti e i genitori. L’auspicio è che l’esempio di Stella Cilento possa essere preso in considerazione anche da altre realtà locali, in nome di una salutare riscoperta della genuinità.

Un tuffo nel passato, dunque, ma proiettato nel futuro e nella necessità di sensibilizzare tutti a praticare una giusta dieta, che possa farci vivere meglio.

L’olio extravergine d’oliva è un superfood. Così lo ha classificato la FDA (Food and Drug Admnistration, ente governativo americano) per i suoi “super poteri medicamentosi”. E quindi prezioso per la salute.

La ricerca italiana
Secondo una recente ricerca pubblicata sulla rivista scientifica Gastroenterology, sostenuta dall’AIRC (Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro) e condotta da Antonio Moschetta, professore Ordinario di Medicina Interna dell’Università degli Studi Aldo Moro di Bari con il suo team di ricercatori, l’olio extravergine d’oliva possiede proprietà benefiche per la salute e in particolare aiuta a prevenire e combattere il cancro all’intestino. Merito dell’acido oleico, di cui ne è ricco, che ha la capacità di regolare la proliferazione cellulare.

In laboratorio, dopo aver simulato geni alterati e infiammazione intestinale, gli scienziati hanno scoperto che una dieta ricca di acido oleico svolge un’azione preventiva sull’intestino, proteggendolo dai tumori.

In Italia il consumo è quotidiano
L’Italia è tra i primi Paesi in Europa in cui quasi 3,5 milioni di individui hanno superato una diagnosi di tumore e aumentato l’aspettativa di vita di 5 anni rispetto al quinquennio precedente, per merito, anche, di un consumo giornaliero di olio di oliva extravergine.

Fonti: https://www.bimbisaniebelli.it/mamma/dieta-mamma/olio-extravergine-doliva-piu-prezioso-delloro-per-la-salute-48531

E’ iniziata la campagna olearia siciliana e ci sono due dati certi: qualità e quantità saranno migliori dell’anno scorso che è stata una delle peggiori annate di sempre. Insomma, annata 2019 in chiaro scuro per l’olio extravergine di oliva siciliano tra prezzo ancora incerto e produzione maggiore dell’anno scorso ma sotto la media.

Per quanto riguarda i prezzi secondo la rilevazione di Ismea del 12 novembre la quotazione dell’olio extravergine di oliva era di 5,15 euro al chilo a Palermo e Trapani, poco pù alta la quotazione della Dop – Valli Trapanesi (5,25 €/kg) e la Dop – Val di Mazara (5,33 €/kg) mentre la Dop Monti Iblei arriva a 7,90 euro. Ma ci sono realtà dell’entroterra siciliano dove l’olio extravergine di oliva si vende sfuso anche a 6,5-7 euro al chilo.

“La produzione stimata nella provincia di Palermo è del 30% superiore a quella dell’annata 2018, che era stata una delle peggiori della storia. Questo 30% in più quindi non può farci sorridere perché la produzione resta ben al di sotto di quella media”, afferma Gino Provenzano presidente Gie Olio CIA Sicilia (Gruppo interesse economico). L’andamento è simile in tutta la Sicilia dove si prevede una produzione in crescita del 35% rispetto all’anno scorso con una produzione totale di 24 mila tonnellate che comunque rimane al di sotto delle annate migliori di quasi la metà. A rendere l’annata non eccezionale sono stati soprattutto lo scirocco e l’eccessiva umidità.

“Questo piccolo incremento di produzione rispetto all’anno scorso – prosegue Provenzano – non può giustificare i prezzi che restano sempre bassi rispetto ai costi sostenuti. Il problema, così come si ripete ogni anno in questo periodo di raccolta, è l’ingresso incontrollato di prodotto estero che riempie i silos e ‘droga’ il mercato. C’è anche chi fa terrorismo psicologico, annunciando per gennaio un crollo dei prezzi fino a 3,50 euro al chilo. Grossisti e grosse imprese che giocano sulla pelle di noi piccoli produttori che, davanti a una prospettiva del genere, possono cedere e scegliere di sbarazzarsi subito del loro prodotto di fatto svendendolo. Occorre controllare le importazioni e soprattutto serrare i controlli su ciò che viene venduto nella grande distribuzione: non si può permettere di vendere olio extravergine a 2,50-30 euro a bottiglia, non è possibile produrre evo e vendere a quel prezzo, comprese le spese di imbottigliamento”. Insomma, la questione dell’olio extravergine di oliva siciliano e del suoi prezzo rimane sempre uno dei problemi del mercato.

“Nonostante una buona ripresa produttiva ed una qualità eccellente del prodotto, il mercato dell’olio quest’anno ancora non decolla: gli acquirenti aspettano affinché il prezzo dell’extravergine italiano arrivi quasi al livello di quello spagnolo, le cisterne si riempiono e chi ne paga le conseguenze sono come al solito i produttori ed i frantoiani”. Con queste parole il presidente di Cia-Agricoltori Italiani, Dino Scanavino, ed il Presidente di Italia Olivicola, Gennaro Sicolo, esprimono grande preoccupazione per la situazione che vive il mercato dell’olio in Italia nel momento più importante dell’anno per centinaia di migliaia di produttori che vorrebbero raccogliere il frutto del duro lavoro portato avanti in questi mesi. “I produttori e i frantoiani continuano a rappresentare l’anello debole della catena e questi comportamenti di certo non agevolano la ripartizione del valore tra tutti i protagonisti della filiera – hanno rimarcato Scanavino e Sicolo – Vendere un prodotto d’eccellenza ad un prezzo stracciato significa non rientrare nemmeno delle spese sostenute dagli agricoltori per lavorare i terreni, curare le piante e irrigare. Dopo la disastrosa annata passata, la peggiore di sempre, questa bolla commerciale metterebbe definitivamente in ginocchio migliaia di famiglie ed un intero settore simbolo del Made in Italy – hanno concluso Scanavino e Sicolo – Per questo auspichiamo una ripresa delle contrattazioni per evitare il naufragio della campagna olivicola e porre rimedio a questa situazione prima che sia troppo tardi”.

Secondo il “Frantoio Italia: Report n. 17/2019: dati al 1° ottobre 2019 delle giacenze oli detenuti in Italia” del Ministero delle Politiche agricole ci sono 42.079 tonnellate di olio italiano in giacenza, cioè olio prodotto nel 2018. Il 31 ottobre 2019 questa giacenza era salita a 44.245 tonnellate (quindi aumentata con la produzione di olio nuovo) di cui 6.892 tonnellate in Sicilia. La giacenza e la maggiore offerta di olio siciliano però non dovrebbero far abbassare il prezzo in quanto dovrebbe esserci minore importazione dell’estero.

A livello nazionale si prevede una produzione tra 315.000 tonnellate di olio (dati Coldiretti) e 330.000 tonnellate (dati Cia), sicuramente superiore rispetto alle 172.000 tonnellate prodotte nel 2018 (dati Ismea – Agea). Ancora sotto però la media itaiana che si attesta tra 450 mila e 550 mila tonnellate all’anno.

Articolo pubblicato da SiciliaAgricoltura

Imagazzini di stoccaggio in Puglia sono pieni di 9,3 milioni di chili di olio extravergine d’oliva straniero con un aumento di quasi il 10% rispetto a dicembre dello scorso anno. É quanto emerge da una analisi di Coldiretti Puglia su dati del Ministero delle Politiche Agricole in relazione ai prezzi in caduta libera dei prezzi dell’oro verde che stanno mettendo in ginocchio la produzione regionale, proprio nell’annata della ripresa dopo il crollo fino all’85% della produzione olearia registrato nel 2018 a causa delle gelate.

«Dall’anello più debole della catena fino alla trasformazione, tutta la filiera dell’olio è strozzata da pratiche commerciali che hanno fatto crollare del 40% il prezzo dell’olio. L’invasione di olio d’oliva spagnolo con le importazioni che nel 2019 crescono in quantità del 48% non fanno che aggravare la situazione con gravi ripercussioni sul mercato e sull’Uliveto Italia», denuncia Savino Muraglia, presidente di Coldiretti Puglia.

«Le speculazioni in campagna vanno stanate sui banchi di vendita al consumo. In una bottiglia di olio venduta sugli scaffali della grande distribuzione a 2/3 euro è impossibile sia contenuto olio extravergine di oliva perché non coprono neanche i costi di produzione. L’olio extravergine di oliva made in Italy non può essere venduto a meno di 7-8 euro al litro allo scaffale. Bisogna guardare con più attenzione le etichette, acquistare oli sulla cui etichetta è esplicitamente indicato che siano stati ottenuti al 100 per 100 da olive italiane o di acquistare direttamente da aziende olivicole e frantoiani che fanno della tracciabilità il fiore all’occhiello aziendale», aggiunge il presidente Muraglia.

Accanto alla formula tradizionale del 3×2 ed ai punti a premio – aggiunge Coldiretti Puglia – si sono moltiplicate e differenziate le proposte delle diverse catene per renderle meno confrontabili tra loro e più appetibili ai clienti, dalle vendite sottocosto che devono seguire regole precise ai buoni spesa. Tra i prodotti alimentari venduti in offerta più frequentemente ci sono quelli simbolo della dieta mediterranea che non possono mancare sulle tavole degli italiani e hanno un effetto calamita sui clienti a partire proprio dall’olio di oliva.

Per questo serve intensificare l’attività di controllo e vigilanza anche per evitare che vengano spacciati come nazionali prodotti importati ma è anche necessario al più presto il recepimento della direttiva (UE) 2019/633 in materia di pratiche commerciali sleali del 17 aprile 2019 – continua Coldiretti – per ristabilire condizioni contrattuali più eque lungo la catena di distribuzione degli alimenti, con l’introduzione di elementi contrattuali e sanzionatori certi rispetto a prassi che finora hanno pesantemente penalizzato i produttori.

Occorre approvare la proposta di riforma dei reati alimentari presentate dall’apposita commissione presieduta da Gian Carlo Caselli, presidente del comitato scientifico della Fondazione Osservatorio Agromafie promosso dalla Coldiretti, perché i contratti tra gli attori che operano lungo le filiere del cibo sono presupposto di valore per le produzioni locali, di remunerazione dignitosa per gli imprenditori agricoli e di qualità per i consumatori.

A favorire gli arrivi di olio straniero dall’estero è la mancanza di trasparenza nonostante sia obbligatorio indicarla per legge in etichetta dal primo luglio 2009, in base al Regolamento comunitario n.182 del 6 marzo 2009. Sulle bottiglie di extravergine ottenute da olive straniere in vendita nei supermercati – denuncia Coldiretti – è quasi impossibile, nella stragrande maggioranza dei casi, leggere le scritte “miscele di oli di oliva comunitari”, “miscele di oli di oliva non comunitari” o “miscele di oli di oliva comunitari e non comunitari” obbligatorie per legge nelle etichette dell’olio di oliva. La scritta è riportata in caratteri molto piccoli, posti dietro la bottiglia e, in molti casi, in una posizione sull’etichetta che la rende difficilmente visibile. Inoltre spesso bottiglie con extravergine ottenuto da olive straniere sono vendute con marchi italiani e riportano con grande evidenza immagini, frasi o nomi che richiamano all’italianità fortemente ingannevoli. I consumatori dovrebbero fare la spesa con la lente di ingrandimento per poter scegliere consapevolmente.

Ma c’è poca chiarezza anche nei ristoranti dove andrebbero fatte rispettare le normative vigenti in una situazione in cui nei locali – conclude Coldiretti – è fuorilegge 1 contenitore di olio su 4 (22%) che non rispetta l’obbligo del tappo antirabbocco, entrato in vigore con la Legge 30 Ottobre 2014, n. 161 che prevede anche sanzioni e la confisca del prodotto.

Sarà presentato a Roma, giovedì 12 dicembre alle 18, presso l’Hotel Quirinale, l’Atlante Qualivita Food, Wine & Spirits 2020, l’esclusiva pubblicazione dedicata ai prodotti agroalimentari e vitivinicoli italiani Dop, Igp, Stg italiani, e alle bevande spiritose Ig nazionali, edita per la prima volta a cura dell’Istituto dell’Enciclopedia Italiana Treccani. L’iniziativa vedrà la partecipazione della ministra delle politiche agricole Teresa Bellanova e dei principali attori del settore delle Dop Igp.

Tra questi anche l’olio Dop Monti Iblei che, quindi, sarà contemplato dalla prestigiosa pubblicazione. Sarà il presidente del consorzio, Giuseppe Arezzo, a rappresentare a Roma la Dop che, dunque, è stata meritevole di essere menzionata nel contesto dell’Atlante Qualivita.

“Per la nostra produzione – afferma Arezzo – ancora uno straordinario riconoscimento che ne consentirà di porre in evidenza tutte le qualità organolettiche e il suggestivo sapore che, da sempre, ne costituiscono uno dei fiori all’occhiello. La serata si concluderà, poi, con un appuntamento speciale che ci permetterà di fare degustare ai partecipanti la bontà del nostro olio.

Ci siamo organizzati lungo questa direzione per cercare di stupire il palato di tutti i partecipanti all’evento. E’ una vetrina davvero straordinaria quella di cui ci apprestiamo ad essere tra i co-protagonisti che ci aiuterà a lanciare ancora meglio l’immagine dell’olio Dop Monti Iblei”.

“Mentre l’anno scorso – chiarisce il presidente del corsorzio Giuseppe Arezzo – avevamo chiuso con 1.508 quintali, quest’anno ci siamo attestati a 1.097, quindi 411 in meno. Si registra, perciò, un calo intorno al 33%

 

Qualità eccelsa. Ma quantitativo in calo. Sono gli elementi distintivi della campagna di produzione dell’olio Dop Monti Iblei che ha appena chiuso i battenti. A sottolinearlo è il presidente del consorzio nato per tutelare e diffondere la qualità di uno dei prodotti che rappresenta al meglio la tipicità della tradizione e della cultura iblea. “E’ stata – sottolinea Giuseppe Arezzo – un’annata tutto sommato discreta. Ci aspettavamo, non lo nego, una produzione maggiore perché già l’anno scorso la stessa non era stata rispondente alle attese per quanto concerne la quantità. E, quindi, quest’anno ci attendevamo una risposta all’altezza. Poco male. Perché qualitativamente possiamo contare su un prodotto eccezionale, addirittura superiore a quello dei precedenti anni”. L’olio Dop Monti Iblei supera degli esami particolari da parte delle società di controllo che ne verificano quantità e qualità. Soltanto adesso, dunque, è stato possibile ottenere risultati ben precisi. “Mentre l’anno scorso – chiarisce il presidente Arezzo – avevamo chiuso con 1.508 quintali, quest’anno ci siamo attestati a 1.097, quindi 411 in meno. Si registra, perciò, un calo intorno al 33%. I prezzi aumenteranno? Devo dire che non c’è un rapporto diretto. Nel senso che stiamo parlando di un prodotto molto ambito che, ogni anno, acquisisce riconoscimenti importanti e di prestigio. E questo perché è seguito dagli imprenditori nostri consorziati in maniera molto attenta, di più rispetto a quello che potrebbe essere la lavorazione dell’olio extravergine d’oliva. Non ci sono dubbi sul fatto che l’eventuale aumento di prezzo è legato a tali fattori”.

“Tra l’altro, l’olio Dop ha acquisito ormai una fama praticamente planetaria. Cina, America, Giappone ne fanno richiesta continua. Ne vorrebbero sempre di più. Ma la produzione è quella che è e per tale motivo dobbiamo accontentarci. A ogni modo – conclude – stiamo gettando le premesse affinché il consorzio possa assicurare una attenzione ancora più capillare rispetto al passato per far sì che un olio che si caratterizza per la spiccata naturalità, con un gusto tutto proprio, dato in particolare dalla sua genuinità, possa diventare sempre di più un punto di riferimento dell’alimentazione d’eccellenza”.

Coldiretti: stagione compromessa per maltempo di maggio e giugno, alcune aziende non faranno neppure partire le operazioni di raccolta delle olive

E’ allarme per l’olio in Lombardia. Più che dimezzata quest’anno la produzione, con cali che arrivano in alcuni casi fino al 90% rispetto alla scorsa annata, quando si erano registrati ottimi risultati. E’ quanto afferma la Coldiretti Lombardia in vista dell’avvio della raccolta delle olive dalle Alpi al Po, nel sottolineare che alcune aziende non faranno nemmeno partire le operazioni in campo.

“E’ un disastro – racconta Nadia Turelli, olivicoltrice dell’azienda agricola Leonardo di Sale Marasino, in provincia di Brescia – Per garantire gli alti standard qualitativi del nostro olio extra vergine d’oliva, dobbiamo raccogliere le olive e frangerle nello stesso giorno. Quest’anno però sono così poche quelle presenti sulle piante, che non sarà possibile rispettare le tempistiche di raccolta e lavorazione. Per questo non le raccoglieremo nemmeno”.

A pesare, spiega la Coldiretti Lombardia, sono state le basse temperature e le piogge eccessive dei mesi di maggio e giugno che hanno compromesso le fasi di fioritura e allegagione. A queste si sono sommate le grandinate estive che hanno colpito a macchia di leopardo, aggravando la situazione. “La stagione è compromessa – conferma Massimiliano Gaiatto, produttore lecchese – Per colpa delle bizze del tempo, ci ritroviamo con una produzione di olio decimata e noi produttori dovremo ricorrere alle scorte della scorsa annata per poter soddisfare le richieste”. Per far fronte alla situazione – precisa la Coldiretti Lombardia – l’assessore regionale all’Agricoltura, Alimentazione e Sistemi verdi Fabio Rolfi ha attivato e riunito il tavolo olio, per raccogliere i dati e valutare la richiesta al governo dello stato di calamità.

Per Confagricoltura è ora di rilanciare la produzione nazionale ed i consumi mondiali di olio di oliva

Mentre si prevede un calo mediamente del 9% della produzione di olio d’oliva in Europa e del 30% in Spagna, nel 2019 rispetto al 2018, in Italia si stima un raddoppio della produzione (da 175 mila tonn a 350 mila). Incrementi produttivi anche in Portogallo (+39%) e Grecia (+62%). I livelli altissimi delle scorte europee, con 850 mila tonnellate, hanno un impatto sui prezzi al ribasso che preoccupa gli operatori.

Lo pone in evidenza il report sul comparto olivicolo del Centro Studi di Confagricoltura, sulla base delle previsioni dell’Unione europea, presentate a Bruxelles.

Per l’Italia però è un risultato solo parzialmente soddisfacente – osserva Confagricoltura – dal momento che l’anno scorso la produzione era arrivata ai minimi storici del decennio ed anche ora è lontana dalle 540 mila tonn del 2008. La media produttiva degli ultimi quattro anni, confrontata con il quadriennio 2008-2011, mostra un calo di oltre il 37% e, in relazione al quadriennio 2012-2015, del 28%.

Il Centro Studi di Confagricoltura ha evidenziato come, nel 2018, l’Italia sia stata nel mondo il secondo Paese esportatore di olio d’oliva, dopo Spagna e davanti a Portogallo e Grecia. Principali mercati di sbocco dell’olio confezionato made in Italy sono Stati Uniti (che hanno un valore di 436 milioni di euro e rappresentano il 31,4% del totale dell’export italiano) e Germania (168 milioni di euro, pari al 12,1% del totale dell’export).

Il settore olivicolo – sottolinea Confagricoltura – sta affrontando una fase di significativi cambiamenti strutturali a livello mondiale e l’Italia, che ha una forte vocazione produttiva, non può restare arretrata.

“In questo quadro – commenta il presidente della Federazione olivicola nazionale di Confagricoltura, Pantaleo Greco – va evidenziata la situazione drammatica del Salento a causa della Xylella Fastidiosa. Per il 2019 il crollo della produzione di olio in provincia di Lecce si aggirerà attorno all’85%, rispetto agli anni precedenti. Le zone olivetate sono sempre più ridimensionate e solo le varietà, come il leccino che sembrerebbe tollerante, fanno sì che la produzione non sia azzerata del tutto. La sfida è proprio quella di frenare il crollo produttivo con nuovi impianti e con aiuti al reddito per tutta la filiera ormai allo stremo. Sollecitiamo l’emanazione dei decreti attuativi del decreto legge Emergenze ed in particolare i provvedimenti per l’utilizzo delle risorse previste dal Piano di rigenerazione dell’olivicoltura”.

“Per tutti gli operatori europei – prosegue il rappresentante di Confagricoltura – sarà importante favorire l’aumento del consumo globale di olio di oliva e sviluppare nuovi mercati, con l’aiuto di azioni promozionali per le quali si chiede alla Commissione UE un sostegno economico, anche alla luce delle questioni di politica internazionale in atto e dei dazi imposti dagli Stati Uniti.”.

“In generale per l’olivicoltura italiana ci sono nuove convenienze da cogliere sotto il profilo quantitativo e qualitativo – conclude Pantaleo Greco -. Vanno rinnovati gli impianti colturali con altri più produttivi e che si prestano alla meccanizzazione. E’ giunto il momento di trasformare le difficoltà in opportunità”.

 

TABELLE

 

Tabella 1 – Produzione di olio d’oliva nei Paesi Europei (x000 tonnellate)

*Stima Commissione Europea

Fonte: elaborazione Centro Studi Confagricoltura su dati Commissione Europea

Tabella 2 – Evoluzione della produzione di olio di oliva in Italia (x000 tonnellate)

 

*Stima Commissione Europea

Fonte: elaborazione Centro Studi Confagricoltura su dati Istat e ISMEA

 

Tabella 3 – Principali Paesi del Mondo importatori di olio di oliva dall’Italia nel 2018 (valore in milioni di euro – % su totale importazioni di olio d’oliva)

Fonte: elaborazione Centro Studi Confagricoltura su dati Istat

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